Il jeans, ancora una volta, icona del cambiamento

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  Il jeans ha un fascino intramontabile, tuttavia non bisogna dimenticare che genera un impatto ambientale importante. Per ridurlo, si fanno strada diversi progetti sui fronti del design e del riciclo. di Redazione Nel mondo occidentale, il jeans è sicuramente il materiale più iconico nel settore tessile e nella moda in generale. Il più versatile e anche il più controverso, quando si parla delle sue origini. Il primo tessuto “blue jeans” pare sia stato realizzato in una fabbrica manifatturiera di Nîmes, in Francia : da qui si pensa derivi la parola denim, ma c’è ancora molto dibattito in materia. Ci sono, infatti, testimonianze ben più antiche, come alcune statuine di presepe tardo settecentesche conservate al Museo Civico Luxoro di Genova, che sembrano documentare come il jeans fosse comunemente utilizzato per confezionare gli abiti da lavoro e da festa già all’epoca. Addirittura, i pantaloni indossati da Giuseppe Garibaldi quando partì nel 1860 alla volta di Marsala erano di fustagn

Gito e la scuola d’arte di Muzuane




A Muzuane è situata una delle pochissime Scuole di Arte mozambicane. Questa è gestita da Sabino Amisse e da Andreia Oliveira. Sabino è un artista a 360 gradi: pittore di Batik (trasposizione su tela di vita quotidiana) e quadri, cantante, suonatore di Batuk (bonghi) e maestro nell’Istituto Politecnico di ADPP.

Entrambi dedicano anima e corpo alla Scuola di Arte e ai bimbi che la frequentano. Ogni pomeriggio dipingono, cantano, ballano e servono una piccola merenda ai loro piccoli artisti.
Sabino riesce a vendere le sue opere d’arte e alcuni articoli fatti con le “capulane” (un tipo di sarong usato come gonna, come fascia porta-bambini e in tanti altri modi) presso dei mercati locali e nazionali dedicati alla promozione dell’arte.
Oltre al lavoro nella scuola, si prendono cura personalmente dei bimbi che si trovano in condizioni famigliari peggiori. Hanno preso in affidamento due bambini, accogliendoli direttamente nella loro casa e sostengono anche le spese di altri bambini, che però hanno l’opportunità di vivere con i loro genitori. Uno di questi bambini è Gito.
Gito oggi ha 15 anni ed è orfano di entrambi i genitori. É un tipo molto sveglio e attivo, uno di quei ragazzi a cui non serve spiegare le cose.
Da bambino aveva gli amici “sbagliati” ed era diventato in fretta un piccolo ladro; un giorno conobbe Sabino e Andreia. Iniziò a frequentare la scuola d’arte e qui scoprì di essere molto bravo a dipingere. Anzi, come dice lui, qui ha imparato tutto: a suonare il tamburo e tanti altri strumenti, a scrivere, leggere, contare e anche a divertirsi con la danza. Per aiutarlo ad allontanarsi da questi "amici" Sabino e Andreia lo invitarono a vivere nella loro casa e così, negli ultimi due anni, Gito ha potuto vivere con loro, andare a scuola al mattino e dipingere al pomeriggio.
In seguito, le cose si sono complicate. La scuola di arte ha chiuso, per assenza di iscritti: sono pochi i genitori disposti a mandarci i propri figli, a investire fondi nell’arte. Gito è andato a vivere col fratello maggiore e frequenta le scuole elementari, nonostante la sua età, ma è bravo e recupera in fretta. Gito sogna ancora la sua vecchia scuola d’arte e spera che riaprirà, un giorno.
È anche per i ragazzi come lui che HUMANA s’impegna nello sviluppo di un’economia sostenibile in Mozambico. Promuovere l’attuazione di progetti da lasciare nelle mani della popolazione locale e creare strutture di ricezione turistica gestite dalla gente del luogo anziché da grandi catene di hotel internazionali permette al denaro di fluire localmente, a beneficio della popolazione che vive sul territorio e non di un’impresa straniera. Dobbiamo creare opportunità di lavoro locali (un lavoro sostenibile, equo ed eco-friendly) per permettere a Gito e tanti altri di coltivare le proprie passioni, mantenersi con un lavoro dignitoso e dare ai propri figli l’opportunità di studiare ciò che vogliono.



Volontarie indossano le capulane





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