Il jeans, ancora una volta, icona del cambiamento

Immagine
  Il jeans ha un fascino intramontabile, tuttavia non bisogna dimenticare che genera un impatto ambientale importante. Per ridurlo, si fanno strada diversi progetti sui fronti del design e del riciclo. di Redazione Nel mondo occidentale, il jeans è sicuramente il materiale più iconico nel settore tessile e nella moda in generale. Il più versatile e anche il più controverso, quando si parla delle sue origini. Il primo tessuto “blue jeans” pare sia stato realizzato in una fabbrica manifatturiera di Nîmes, in Francia : da qui si pensa derivi la parola denim, ma c’è ancora molto dibattito in materia. Ci sono, infatti, testimonianze ben più antiche, come alcune statuine di presepe tardo settecentesche conservate al Museo Civico Luxoro di Genova, che sembrano documentare come il jeans fosse comunemente utilizzato per confezionare gli abiti da lavoro e da festa già all’epoca. Addirittura, i pantaloni indossati da Giuseppe Garibaldi quando partì nel 1860 alla volta di Marsala erano di fustagn

Dai ricordi di Laura



“Ho bisogno di svuotare quel cassetto…ho nuove carte da archiviare”

Tutto nasce così…tiro fuori tutte le carte che sono ormai sepolte e dimenticate da diversi anni, seduta in terra a gambe incrociate…foto, ricevute, fogliettini scarabocchiati...
e lì mi riappari…una vecchia foto ormai sbiadita, quasi non mi riconosco più, sono passati così tanti anni? Sono così invecchiata? E in quel momento sento battermi forte il cuore, chiudo gli occhi e risento quegli odori, quelle voci che mi sono state tanto care e che credevo dimenticate, ma che erano solo lì, addormentate in un angolo della mia testa e aspettavano solo che qualcuno o qualcosa le risvegliasse.

Il salto nel passato è d’obbligo o forse non ne posso fare a meno e così mi lascio andare ai ricordi…
Sento quella vocina che mi urla “Musungo!”, mi giro e ti vedo…per me bella come solo una bimba piccola può essere…tutta sporca, i vestiti impolverati e mezzo strappati, la candela al naso, gli occhi così neri che per un attimo credo non siano neanche veri. Mi corri incontro, non ti fa paura la mia pelle bianca, non ha importanza se non capirò le tue parole, vuoi solo avvicinarti a me, vuoi solo farti abbracciare.
E così ti accontento (o forse accontento più me stessa!), mi inginocchio, ti sorrido, ti parlo cercando il tono più dolce possibile per farti sentire serena accanto a me (tono di voce che scoprirò poi di avere guardando per la prima volta mio figlio negli occhi), tu mi guardi e mi dici “Como està?” e io che credo che anche tu parli portoghese, mi convinco che così potremmo comunicare, ma subito dopo averti detto che sto bene e chiederti come stai tu mi rendo conto che quella è l’unica frase che sai dire in portoghese. E penso che la nostra comunicazione finisce lì. Ma tu mi stupisci. Vai avanti con quel tuo strano linguaggio (strano così come il mio linguaggio ti deve apparire), parole e suoni che non vogliono dire niente per me, ma lì mi accorgo che non ha importanza…stiamo comunicando su un nuovo livello, quello dei sensi. Stare lì con te mi appaga, dimentico anche la commissione che avevo da fare, ci sei tu, ci sono i tuoi occhioni, la tua candela al naso che cerco di pulire. Arriva un click…il mio collega ci scatta una foto…quel nostro momento adesso è indelebile, è per sempre.

Ritorno al mio cassetto da svuotare…l’emozione che sei riuscita a darmi nuovamente mi fa commuovere…una lacrima scende…chissà cosa ne sarà stato di te…io voglio credere che stai bene, che sei cresciuta, che sei diventata una donna e che quegli occhi neri così profondi ogni tanto si socchiudano e lascino spazio al ricordo di quella “musungo” di tanti anni fa.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una roadmap per ridisegnare il futuro del settore tessile in Europa

Incontri informativi Mozambico 2017

Smile! :)